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Alberto Sordi: la voce immortale dell’Italia nel mondo

Dalla radio al grande schermo, il viaggio di un attore che ha raccontato l’anima degli italiani

Alberto Sordi non è stato soltanto un attore. È stato uno specchio fedele e, allo stesso tempo, ironico dell’Italia del Novecento. Nato a Roma il 15 giugno 1920, in una famiglia modesta — il padre musicista e la madre insegnante — Sordi cresce in un ambiente semplice, ma carico di cultura popolare. Fin da bambino sogna il palcoscenico e la sua città, Roma, resterà per sempre la cornice e l’anima della sua arte.



Gli inizi: la voce prima del volto

La carriera di Sordi inizia con la radio e il doppiaggio. Negli anni ’30, quando il cinema americano domina le sale italiane, lui diventa la voce italiana di Oliver Hardy del celebre duo Stanlio e Ollio. È un esercizio che gli permette di affinare una comicità fatta di ritmo, inflessione e spontaneità. Intanto, muove i primi passi come attore in piccoli ruoli cinematografici, con quell’aria da romano verace che lo rende subito riconoscibile.


La consacrazione nel dopoguerra

Gli anni ’50 sono decisivi. L’Italia rinasce dopo la guerra, e Sordi diventa il volto della commedia all’italiana. È in questo periodo che si definisce la sua cifra artistica: raccontare, attraverso personaggi spesso mediocri e contraddittori, le debolezze e i sogni del popolo italiano. Film come Un americano a Roma (1954) lo consacrano come simbolo nazionale. Il suo Nando Mericoni, giovane romano ossessionato dall’America, diventa un’icona del dopoguerra, incarnando le aspirazioni e i limiti di un Paese in trasformazione.


Gli anni d’oro della commedia all’italiana

Tra gli anni ’50 e ’70, Alberto Sordi collabora con registi leggendari come Federico Fellini, Dino Risi, Luigi Comencini ed Ettore Scola. In I vitelloni (1953) di Fellini, il suo personaggio è un ritratto amaro e ironico della gioventù senza direzione. Con Risi interpreta Il vedovo (1959), capolavoro di umorismo nero, mentre con Luigi Zampa e Mario Monicelli costruisce figure che ancora oggi parlano al cuore degli italiani.

Il “Sordi attore” è capace di far ridere, ma soprattutto di far riflettere. Nei suoi film troviamo il funzionario opportunista, l’italiano medio che sogna l’arricchimento facile, il borghese ipocrita: maschere di una società che cambia troppo in fretta.


albertone

Il regista: uno sguardo dall’interno

Negli anni ’60 e ’70, Sordi non si limita a recitare: passa anche dietro la macchina da presa. Film come Fumo di Londra (1966) e Un borghese piccolo piccolo (1977) mostrano un artista capace di osservare con occhio critico la modernità. In particolare, Un borghese piccolo piccolo segna un momento di svolta: la comicità lascia spazio a una narrazione drammatica, dove l’uomo comune, di fronte alla tragedia, si trasforma.


Un simbolo nazionale e internazionale

Alberto Sordi ha rappresentato per decenni l’identità italiana, portando nel mondo l’ironia, la malinconia e la vitalità del nostro Paese. Non era un attore che interpretava l’Italia: era l’Italia stessa, nei suoi difetti e nelle sue virtù. Per questo motivo, gli italiani emigrati in tutto il mondo lo hanno sempre sentito vicino. Nei suoi personaggi hanno rivisto parenti, amici e se stessi: l’uomo che sogna, che cade, che si rialza, con il sorriso e con la furbizia tipica della nostra cultura.


L’eredità di un gigante "Alberto"

Oggi, a più di vent’anni dalla sua scomparsa, Alberto Sordi resta un punto fermo nella memoria collettiva. Le sue battute, le sue smorfie, i suoi personaggi continuano a vivere nelle nuove generazioni e nei discendenti di italiani sparsi per il mondo. Guardare un suo film significa ritrovare l’Italia: quella dei vicoli di Roma, delle speranze semplici, delle ironie che aiutano ad affrontare le difficoltà della vita.



Alberto Sordi non è stato solo un attore: è stato la voce e il volto di un popolo. Un artista che ha saputo trasformare la comicità in verità e il sorriso in memoria. Per questo, ancora oggi, il suo cinema non smette di raccontarci chi siamo.

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