Ogni regione e zona d’Italia ha le sue tradizioni culinarie molto particolari e spesso solo poche persone del luogo sono a conoscenza del modo di realizzare al meglio una ricetta. Ma nel caso della pasta più rara del mondo si giunge all’estremo: in tutto il pianeta c’è solo una decina di persone che sa come prepararla.
E tali persone, a parte una, sono tutte donne appartenenti alla stessa famiglia originaria della zona di Nuoro. Sì, perché la tradizione vuole che una donna possa insegnare questa conoscenza solo a sua figlia, o comunque ad un membro femminile della sua famiglia.
Una pasta ‘divina’
Su Filindeu nella lingua sarda significa “i fili di Dio”. Ed effettivamente questo straordinario tipo di pasta, di origine sicuramente antica, ma realmente sconosciuta, veniva servito in occasione di una ricorrenza religiosa.
Il riferimento ai fili si spiega facilmente vedendo il procedimento: un semplice impasto di farina di semola, acqua e sale viene inizialmente arrotolato con la forma di un cilindro molto allungato. Poi le abili mani della donna esperta nell’arte lo ripiegano e lo allungano. E questa operazione viene ripetuta otto volte, arrivando a creare 256 sottilissimi filamenti che si sistemano su un grande disco appositamente preparato. Il tutto si ripete per coprire tre strati successivi, fino a dare alla pasta l’aspetto di un tessuto.
Quindi il disco viene sistemato a seccare al sole e, una volta che l’impasto si è asciugato, si rompe in pezzi che poi vengono cotti in un tradizionale brodo di pecora con aggiunta di formaggio pecorino fresco. Chi li ha provati sostiene che su filindeu siano una vera delizia.
L’origine mitica
La pasta viene tradizionalmente cucinata in occasione del pellegrinaggio da Nuoro al santuario di San Francesco di Lula, che si realizza due volte all’anno, il 1º maggio e il 4 ottobre: i fedeli che si recano a piedi al santuario e restano lì per nove giorni, per sciogliere un voto, vengono rifocillati con piatti tipici sardi, tra cui gli immancabili filindeu.
La nascita del santuario risale al 1890 e ha una storia affascinante: un giovane, tal Francesco Tolu, venne ingiustamente accusato di omicidio. Braccato dalla giustizia, si diede alla vita da latitante, proclamando e reclamando la sua innocenza. Dopo circa due anni, si convinse a costituirsi, e nel processo venne accertata la sua estraneità al crimine.
Commosso, in segno di riconoscenza, promise di costruire un santuario dedicato a San Francesco nei pressi della grotta dove si era rifugiato. Gli abitanti della zona celebrano l’evento con un pellegrinaggio notturno di 33 chilometri verso il santuario, e lì il miracolo della sua fede viene espresso dalla pasta miracolosa che sembra impossibile da realizzare.
Una tecnica altamente complessa
La più famosa artefice dei filindeu è Paola Abraini, che ha ereditato la conoscenza da sua suocera e ora l’ha trasmessa a sua figlia. A vedere lei mentre allunga i sottilissimi fili di pasta con assoluta naturalezza potrebbe sembrare un gioco da ragazzi, ma in realtà anche i cuochi più esperti di fronte a questa lavorazione si arrendono.
Uno chef di origine italiana che vive in Australia, Leo Gelsomino, specializzato in pasta fatta a mano, vedendo in internet Paola Abraini, si innamorò dei su filindeu e la chiamò per farsi insegnare il procedimento. Ma la risposta fu che lei avrebbe potuto insegnarlo solo a sua figlia: lui era un uomo, non era suo parente e non era nemmeno sardo. Quindi non aveva speranze.
Ma due anni dopo il rifiuto, lo chef fu accettato in un’associazione sarda chiamata ‘la cucina delle matriarche’, dove le più anziane non erano d’accordo, ma le più giovani, più aperte a diffondere la conoscenza per evitarne la definitiva scomparsa, decisero di insegnargli il segreto. Paola Abraini e Leo Gelsomino sono diventati amici. E così ora in Australia c’è un uomo che è in grado di realizzare questa pasta così speciale.
Secondo le sue parole, per ottenere su filindeu, è necessario, oltre alla semola, all’acqua e al sale, mettere molta emozione e una grande volontà di riuscire nell’intento. Stando alle sue spiegazioni, per imparare a fare la pasta più rara del mondo, non c'è una vera ricetta: l’impasto è personale, nel senso che ognuno deve trovare il suo perfetto equilibrio, irripetibile e inimitabile. Un vero miracolo di pasta.
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